Non scrivo da 4 mesi.
E ammetto che il mio vecchio blog non mi è mancato affatto. Nel frattempo che ho fatto?
Mi sono diplomata in Canto Lirico, mi sono trasferita, ho passato la prima audizione al di fuori del Conservatorio, ho fatto il mio Concerto di Pasqua come solista [il tutto non in ordine cronologico eh], etc etc.
Insomma, due o tre cosette. Cosette che questo blog sa quanto abbia faticato per raggiungere.
Non so quando tornerò, anche perché dubito di scrivere per qualcun altro oltre che per me stessa e per impedire che questo posto muoia del tutto.

Ma che importa?

Io mi ricordo ancora quando scrivevo quel lungo post sul primo giorno di Conservatorio.
Me lo ricordo eccome.
Il giorno dopo il concerto dei Supergrass a Bologna.
Quella Bologna che ha visto l’inizio del mio nuovo e duro cammino verso il mio più ambito sogno.
Non ci credevo allora, e per tanto tempo negli anni non ci ho creduto.
Ieri mi sono diplomata in armonia, oggi in pianoforte.
A settembre il mio diploma di canto.

Ho letto, sentito e poi detto cose che mi hanno riempita di tutta quella gioia che attendevo da secoli. 
Istanti, minuti, momenti. Cristo non se ne andranno mai.
Occhi lucidi, saluti timidi ma pieni di affetto, parole di stima, di amore. Di desiderio, di ammirazione.

Io sono felice, in tutto il casino che c’è *ancora* nella mia mente. Io. Sono. Felice.

Sono poco più di 3 mesi che non faccio capolino su queste vecchie, oscure pagine.
Penso che non sia mai capitato prima d’ora.
Per essere intellettualmente onesti, debbo ammettere che questo posto non è più parte della mia esistenza. Non è più il mio rifugio.
Il porto di gioie e di dolori che era una volta.

Non accoglie più il mio tempo, le mie speranze e le mie delusioni.

Semplicemente perché sono impegnata a vivere. Ardentemente.

In un modo che non  mi permette di riversare i sentimenti su di un foglio virtuale che molto probabilmente non leggerà nessuno.
Ma stasera è diverso. Stasera sono davvero stanca.
In questi mesi sto vivendo il mio ultimo anno di conservatorio, in mezzo a decine e decine di tumulti che hanno rovinato l’immensa gioia che questo percorso mi dona da sei anni a questa parte, costellandola di paure e delusioni.
Stupide insicurezze, timori. Non sentirsi all’altezza quando lo si è eccome.
Il brutto vizio di guardarsi indietro e detestarsi per tutto il tempo perduto. Piuttosto che guardare avanti con rinnovata speranza.
La stanchezza, la delusione, il cammino solingo verso un futuro che vedo ancora troppo lontano.
La stupida convinzione di essere vecchi [“a 19 anni!”], la convinzione di essere destinata alla solitudine sentimentale e la paura di non farcela.
Oggi mi sento sola più che mai, e non riesco nemmeno ad urlare tutto il mio d o l o r e.
Attorno ci sono disastri che con le armi giuste potrei affrontare e risolvere. Queste armi io le cerco, ma le trovo frantumate: devo combattere con lame spezzate.
Mi sento profondamente stupida perché profondamente orgogliosa. Tengo alle persone che nel frattempo mi faccio sfuggire dalle mani, nel classico stile di qualche anno fa.
E dire che la stima e l’affetto altrui non mi manca.
Io li guardo dall’alto dicendo solo “sono parole.”

E’ frustrante venire qui dopo 3 mesi, senza nemmeno parlare della cosa annunciata nell’ultimo post: Lo Stabat Mater.
Quello Stabat l’ho cantato davanti a centinaia di persone e l’ho cantato pure bene. La gioia è svanita dopo poco, perché il mio animo viene costantemente prosciugato di tutta la bellezza che ho attorno.
Ed io giornalmente mi circondo di bellezza, ascoltando La Musica più bella mai scritta, e suonandola e cantandola pure.

Ma sono così sciocca. Così sciocca da distruggermi come un’adolescente senza cervello.

Buon 2014.

Voi mi dite: “La vita è difficile da sopportare”. Ma a che scopo avreste allora al mattino il vostro orgoglio e alla sera la vostra rassegnazione? La vita è difficile da sopportare: ma per carità non fatemi tanto i delicati! In fondo siamo tutti nient’altro che somarelli e somarelle il cui destino è di essere caricati di un peso. Che cosa abbiamo in comune con il bocciuolo di rosa che trema perché gli è caduta addosso una goccia di rugiada? È vero: amiamo la vita, non perché siamo abituati a vivere, ma perché siamo abituati ad amare. C’è sempre un grano di pazzia nell’amore. D’altra parte c’è sempre anche un po’ di ragione nella follia. E anch’io che voglio bene alla vita penso che le farfalle e le bolle di sapone, e tutto ciò che v’è fra  gli uomini di simili ad esse, sappiano più degli altri ciò che sia la felicità. Veder svolazzare queste piccole anime così leggere, così graziose, agili, folli, ecco ciò che seduce Zarathustra fino a farlo versar lagrime e comporre canzoni. Io potrei soltanto credere a un Dio che sapesse danzare. E quando vidi il mio diavolo, lo trovai serio, solido, profondo, grave: era lo spirito della pesantezza, tutte le cose cadono a causa di lui.  Si uccide non in seguito all’ira, bensì attraverso il riso. Su uccidiamo lo spirito della pesantezza! Ho imparato a camminare: da quel giorno mi piace correre. Ho imparato a volare: da allora non voglio più essere spinto per muovermi dal mio posto. Ora sono leggero, ora volo, ora vedo me stesso sotto di me, ora un dio danza attraverso di me.

 

 

F.Nietzsche, Così parlò Zarathustra.

 

E’ domani. Domani. 
Oggi è un giorno prezioso. Perchè sono ancora vergine. E perchè sono piena di speranza e paura.
E anche se non dovesse andare come dovrebbe, non sarà né una tragedia né una sconfitta. Perchè ad oggi è già una fottuta vittoria che io non ci abbia rinunziato. 

Dice che non scrivo da più di un mese. Cristo. E’ vero.
Ma io ci penso spesso, a questo blog.
Non ho scritto di quanto schifoso sia questo periodo e di come, giovedì prossimo, tutti gli sforzi ben descritti tra queste nere pagine, sfoceranno nella mia prima audizione. 
E’ un evento. UN EVENTO PERDIO. 
Ma non sta avvenendo come avevo sempre immaginato.
Ne ho paura ed attorno, non c’è entusiasmo. Ma forse, principalmente, manca in me.
Non potevo aspettarmi nulla di meglio da un essere così contorto come la sottoscritta. 
Ma che dire, incassiamo anche questa in attesa di tempi decisamente migliori. 
Ci confido da sempre e lo farò sempre.

58/2

Non è che abbia avuto particolari sgradevoli sensazioni. Ma ricordo sin troppo bene come mi sentii due anni fa, oggi. Una levataccia delle tante per vedere una gara come tante. Invece ricordo che sperai, sperai tanto prima di sorprendermi a piangere a lungo. 
Perché comunque fu una cosa orribile, ed è giusto ricordarla. 

Ciao Marco.